Cesare Fiori - Dipartimento di Beni Culturali, Università di Bologna, Italia
Sabrina Gualtieri - CNR-ISTEC, Faenza, Italia
Dimitrios Chrysopoulos - Direzione Conservazione dei Monumenti antichi e moderni
Ministero della Cultura, Atene, Grecia
Corrado Palmiero - Laurea in Conservazione dei Beni Culturali, Università di Bologna, Italia
Obiettivo principale del presente Studio, era la caratterizzazione della composizione e la ricostruzione della produzione tecnologica di tessere musive vetrose da campioni conservati presso il museo archeologico di Nicopoli d’Epiro. Le tessere analizzate appartenevano a parti perdute dei mosaici pavimentali del VI secolo della Basilica Alfa (o Basilica Doumetios), datata al VI secolo. Inoltre, la composizione di tali tessere è stata confrontata con quella delle tessere vetrose dello stesso secolo recuperate a Ravenna, in particolare quelle ampiamente studiate della basilica di San Vitale, allo scopo di verificare una possibile comune base tecnologica e quindi una possibile comune fonte produttiva per le due località.
Nikopolis fu fondata da Cesare Augusto Ottaviano per celebrare la vittoria su Marco Antonio del 31 a.C. ad Azio, località poco distante dal luogo dove sorse la nuova città. La zona a quel tempo era in declino e in quasi completo abbandono e la fondazione della nuova città contribuì al suo ripopolamento [1-2]. Nicopoli fu poi al centro dell’attenzione dei successivi imperatori, ottenendo lo statuto di civitas foederata, che sanciva particolari privilegi fiscali. Abbellita dall’imperatore Adriano, fu poi inclusa nella provincia d’Epiro voluta dall’imperatore Antonino Pio. Successivamente, anche con il contributo di riforme volute da Diocleziano e poi da Costantino, la città conobbe un periodo relativamente lungo di tranquillità e prosperità, interrotto bruscamente dalle prime grandi migrazioni barbariche. Nel 362 d.C. il prefetto dell’Illiricum Claudio Mamertino descrisse la situazione drammatica di Nicopoli dopo le prime incursioni barbariche con danni alla popolazione (abitanti uccisi o catturati e resi schiavi e riscattati con somme esorbitanti), agli edifici, alle strutture (strade, ponti, dighe, acquedotto) e all’economia generale e gestione delle cariche pubbliche (poiché la tassazione rimasta elevata non poteva più essere sostenuta) [3].
Fra IV e V secolo la città visse dunque un forte declino che ne mise a rischio la stessa esistenza, in un Impero Romano ormai in rovina [4].
La prima invasione dei visigoti in Epiro si può datare al 380 d.C. Nel 396 furono i goti di Alarico ad occupare l’Epiro, per poi tornare nel 406 e fermarsi un anno a Nicopoli. Nel 429 i vandali si insediarono in Nord Africa, dove fondarono un forte stato, ed in pochi anni riuscirono a dominare il Mediterraneo centrale con azioni di pirateria e incursioni nelle province costiere. Un saccheggio particolarmente pesante di Nicopoli ad opera dei vandali guidati da Genserico avvenne nel 474. In seguito a questo evento furono erette nuove mura che includevano però solo un sesto dell’area occupata dalla città nel periodo di massimo splendore, il che indica il forte declino in quel momento. Le prime notizie della nascita della chiesa cristiana in Epiro riguardano il I secolo d.C. in seguito al passaggio dell’apostolo Paolo, ma la nuova religione visse con difficoltà. Fu solo dopo la morte dell’imperatore Giuliano l’apostata che vi fu una conversione di massa. Si cercò poi di limitare l’eccessivo numero di ordinazioni del clero cristiano per ragioni fiscali, ma il fermento religioso portò alla costruzione di molte chiese; a Nicopoli sorsero cinque basiliche in cento anni. Il livello culturale dei vescovi era elevato come si evince dalla loro partecipazione ai concili ecumenici e dalle iscrizioni sopravvissutenei pavimenti musivi di alta qualità.La costruzione di nuove basiliche, nel V e VI secolo, è anche indice di una certaripresa economica della città. L’imperatore Giustiniano fece rinforzare le mura costruitenel V secolo e questo salvò la parte interna della città dal saccheggio da parte degliostrogoti nel 551, come ha raccontato Procopio di Cesarea [5]. Fra le quattro basilicheall’interno delle nuove mura vi era la Basilica Alfa dedicata a San Demetrio, nota anchecome Basilica Doumetios, datata al VI secolo.Le incursioni barbare, tuttavia, assieme a mancanza di risorse economiche einstabilità politica, finirono per causare un nuovo e definitivo declino dell’area e dellacittà di Nicopoli [2].
Il primo archeologo a menzionare Nicopoli è Ciriaco Pizzecolli i cui scritti sonostati pubblicati nel ‘700; ci sono giunte anche note di tre diplomatici dell’inizio del XIXsecolo: due francesi, Louis Duprè e Françoise Pouqueville, e l’inglese Martin Leake[2, 6]. L’esplorazione archeologica è iniziata nel 1913 con Alexander Philadelphus[7], che portò alla luce la Basilica Alfa durante la campagna di scavi del 1915-1918 e nel 1921 iniziò ad esplorare la Basilica B o Alkison. Il primo museo localesorse a Preveza. Altri archeologi parteciparono poi agli scavi: George A. Soteriou eAnastassios Orlandos che completarono gli scavi delle due basiliche nel 1930 e nel1937-1938 iniziarono gli scavi della Basilica C [8-11]. La Seconda Guerra Mondialeinterruppe gli scavi e provocò danni al sito archeologico e al museo di Preveza chesubì anche il saccheggio delle collezioni.
L’esplorazione archeologica riprese nel 1956 con Orlandos [9-10] sulla basilicaD e nel 1959 cominciò la collaborazione di D.Pallas [12]. Nel 1969 Sotiriou Dakaris,archeologo e direttore degli studi bizantini dell’Epiro, presiedette alla costruzione diun nuovo museo situato nell’area archeologica. In seguito, l’attività principale è statadedicata soprattutto al restauro e conservazione dei resti archeologici. Tra il 1991 eil 1995 la collaborazione fra Dakaris e l’archeologo James Wiseman, dell’Universitàdi Boston, ha portato allo sviluppo del Nikopolis Project. Si trattava di un progettomultidisciplinare, svolto nel sud dell’Epiro, che comprendeva l’impiego di un certonumero di tecniche di prospezione per affrontare questioni relative agli antichi modellidi insediamento nella regione e la gestione dei beni culturali.Una vista attuale dei resti della Basilica Alfa è presentata in Figura 1; una piantadella basilica [8] è riportata in Figura 2.
Philadelphus [7] descrive la struttura di tipo bizantino della Basilica Alfa, orientataovest-est (ingresso-abside); la pianta con le misure esatte è stata definita da Soteriou[8]; la basilica è stata costruita in due fasi distinte: (1) la prima nella parte iniziale delVI secolo e (2) la seconda attorno alla metà dello stesso secolo, secondo la datazioneproposta da Kitzinger [13]. La lunghezza complessiva è di 56 metri. L’ingresso principaleè caratterizzato da un propileo che si apre su un atrio che precede un nartece. Il corpoprincipale della chiesa è a tre navate; quella centrale è separata dalle due laterali dacolonnati; l’abside è sopraelevato di 1,5 m rispetto alle navate. R.Krautheimer [14] nelsuo studio dell’architettura paleocristiana e bizantina ha identificato le chiese dellaGrecia come aventi un distinto stile architettonico, con influenze tra Oriente, correlatealla liturgia, ed Occidente, quanto a tecnica muraria. In questo periodo le basiliche, dinotevoli dimensioni, all’esterno si presentavano con aspetto semplice ed elementare,mentre tutta la ricchezza era concentrata all’interno con soffitti dorati, arredi con oro eargento, colonne di marmi pregiati, raffinate decorazioni musive.
Kitzinger [13] ha basato la sua datazione delle due fasi di costruzione dellabasilica sui caratteri stilistici, iconografici ed epigrafici dei mosaici. Seguendo l’ordinecronologico proposto da Kitzinger, e i rapporti della campagna di scavo di Philadelphus[7], il quale vide gran parte del pavimento ancora integro, M.Spiro [15] ha descritto indettaglio i mosaici, analizzando i disegni, i colori e i materiali.
I pavimenti della secondafase decorativa sono di qualità nettamente inferiore rispetto a quelli della prima fase.La parte centrale del pavimento dell’atrio, riconducibile alla seconda fase, eradecorata con un’epigrafe musiva che citava il santo a cui era dedicata la chiesa e i nomidegli sponsor episcopali della prima e seconda fase: Doumetios I e il suo successoreDoumetios II. All’ingresso ovest era posta un’altra epigrafe il cui testo ci informavache Doumetios I è stato il promotore della costruzione dell’edificio dalle fondamentaal programma decorativo [16].
Le epigrafi conservate confermano la dedicazione dellabasilica a San Demetrio. Parte dei mosaici pavimentali sono state perdute dopo gliscavi; si conservano solo quelle dell’ala sud del nartece e delle ali nord e sud deltransetto perché poste su nuovo supporto e al riparo entro costruzioni protettive (Figura1). Nei tappeti musivi predomina la decorazione a clipei con animali, uccelli, piante efrutti. Particolari dei mosaici sono mostrati in Figure 3 e 4.
I tappeti musivi delle ali nord (prothesis) e sud (diakonikon) del transetto sonoriconducibili alla prima fase di costruzione della basilica. Nell’ala nord, vi è un pannellomusivo (Figura 3) che oltre all’iscrizione mostra alberi con frutti, intervallati da cipressi,due faraone e volatili nel cielo: la cromia del pannello è molto forte, in particolare aiverdi molto scuri delle chiome degli alberi si contrappongono i colori rosso e giallodei frutti. All’esterno del pannello c’è una cornice ad onde, a sua volta circondata dauna fascia in cui sono raffigurati uccelli acquatici, pesci e piante acquatiche. In questomodello permane un forte stile ellenistico e l’emblema centrale probabilmente è unarappresentazione schematica dell’intero mondo, corrispondente ad una tradizionecosmologica popolare. Nell’ala sud del transetto vi è un pannello musivo compostoda un emblema centrale molto danneggiato circondato da 16 clipei, decorati con fogliedi acanto e racemi, contenenti raffigurazioni di cacciatori e animali (Figura 4); nellafascia esterna sono rappresentati pesci e piante acquatiche. Nella parte centrale lascena di caccia è in buona parte perduta e quindi di difficile interpretazione; ipotizzandouna corrispondenza con l’ala nord, si può supporre che si tratti del paradiso terrestre.I due pannelli del transetto dunque dovrebbero rappresentare un articolato schemacosmografico e geografico della Terra, attraverso un attento e schematico simbolismo[13, 17].
Nell’ala sud del nartece la pavimentazione musiva si presenta con uno stile esoggetti più comuni, con una fascia esterna a motivi intrecciati policromi ed un internoa piccoli riquadri con animali, motivi geometrici e fitoformi. La parte più importante è iltesto epigrafico.
Le tessere vetrose sono state ampiamente utilizzate per i mosaici pavimentalidella basilica, fatto piuttosto insolito per quell’epoca in cui prevale nettamente l’uso ditessere lapidee. Tuttavia, i mosaici decoravano esclusivamente le zone della basilicariservate al clero e alle autorità e quindi meno soggette ad usura per calpestio. Letessere vetrose presentano soprattutto toni del blu e verde, non mancano tuttaviavetri gialli, ocra, rossi e neri.
Le dodici tessere analizzate sono state selezionate fra quelle provenienti daparti degradate e perdute dei mosaici pavimentali della basilica. Essendo noto ilperiodo di costruzione della basilica, VI secolo d.C., e che gli scavi e gli studi del XXsecolo non hanno evidenziato restauri del passato di tipo integrativo dei mosaici né promosso in seguito interventi di questo tipo, ma solo di consolidamento e protezionedi parti originali di questi, i campioni di tessere vetrose analizzati sono da ritenerecon sicurezza originali. Una loro caratterizzazione è quindi utile per risalire allatecnologia di produzione di vetri riferibili ad un’epoca ben precisa, tuttalpiù ampliabilealla seconda parte del secolo precedente. La perfetta corrispondenza con l’epocadella costruzione delle basiliche bizantine di Ravenna (V-VI secolo), rende inoltreinteressante il confronto con la composizione delle tessere vetrose dei mosaiciravennati, in particolare quelle di San Vitale molto studiate e che ben rappresentanola produzione di vetri musivi del periodo [18].
La determinazione della composizione dei campioni è stata effettuata tramite analisichimica e mineralogica. Le composizioni chimiche quantitative sono state ottenuteutilizzando un microscopio elettronico a scansione equipaggiato con microanalisi adispersione di energia (SEM-EDS). È stato utilizzato uno strumento Cambridge-INCAX,Sight Oxford Instrument (mod.7060) con cannone elettronico STEREOSCAN 360, confilamento di tungsteno ad emissione termoionica. Le condizioni di lavoro sono statele seguenti: come riferimento per l’intensità di energia è stato usato un frammento dicobalto; distanza di lavoro fra la superficie del campione e la lente obbiettivo (WD) di 25mm e accelerazione del fascio (EHT) di 15 KV. I frammenti prima di essere sottopostiad analisi sono stati fissati con cemento adesivo Leitc-C su un porta campione inalluminio e quindi ricoperti con un sottilissimo film di grafite, utilizzando una strumentoAssing Automatic HR Sputter Coater. Al fine di ottenere dati rappresentativi, almeno 10analisi sono state eseguite per ciascun campione, con un’area di analisi di circa 1 mm2.Le analisi in diffrattometria di raggi-X (XRD) sono state eseguite con apparecchiaturaRigaku, Miniflex, con radiazione CuKα1, filtro in nickel, velocità angolare ϑ/2ϑ pari a0,25/0,5°/min, scansione 2ϑ da 4°a 64°. Un piccolo frammento (peso di circa 0,3 g) diciascuna tessera campione è stato polverizzato per l’analisi.
In Tabella 1 sono riportati i risultati dell’analisi chimica. Sono chiaramenteevidenti l’alta percentuale di sodio (11-17% di Na2O), oltre che di silice, e la quantitàrelativamente alta di calcio (attorno a 6% di CaO). Sette campioni (1, 2, 3, 4, 5, 10, e11) sono anche caratterizzati da quantità di ossido di piombo comprese nell’intervallo5-12% di PbO. I rimanenti cinque campioni sono non piombici o hanno contenutidi piombo molto bassi. L’ossido di alluminio (attorno al 2% di Al2O3) e gli ossidi dimagnesio e potassio (inferiori all’1%), così come il cloro, possono essere consideraticome impurezze delle materie prime utilizzate per produrre i vetri. In particolare, ilcontenuto di allumina è da ascrivere alla presenza di feldspati e miche nella sabbiausata come materia prima silicatica. I contenuti piuttosto variabili di altri elementi quali rame, ferro, manganese, cobalto, antimonio e stagno sono da mettere in relazioneall’ottenimento delle varie colorazioni come discusso in seguito.
In base alla composizione chimica, il vetro delle tessere è classificabile comesilicatico-sodico-calcico ottenuto con l’impiego di natron quale fondente sodico (undeposito naturale di sali in Egitto costituito prevalentemente da un carbonato sodico)e sabbia; la tipologia corrisponde a quella dei vetri Romani dei primi secoli d.C. [19-20]. I contenuti ridotti degli ossidi di potassio e magnesio, come illustrato anche daldiagramma di correlazione di Figura 5, sono indicativi dell’uso di natron anziché diceneri di piante (un possibile fondente alternativo per i vetri antichi).
La presenza di piombo nei campioni sopra menzionati è legata ad esigenzetecnologiche in quanto certi colori (toni brillanti di verde, giallo, arancione e rosso)si potevano ottenere solo con un vetro di base piombico; la componente piombicadella miscela fusibile poteva derivare dal recupero di rottami di leghe metalliche oda scorie della metallurgia [19, 21]. Questi sette campioni sono caratterizzati ancheda un contento leggermente superiore degli ossidi di potassio e magnesio rispetto aicampioni senza piombo (Figura 5). Ciò può essere dovuto, per la produzione distintadi vetri piombici, all’uso di materie prime (sabbia e fondente) con maggiori impurezzecontenenti potassio e magnesio. Il campione “rosso”, inoltre, ha un contenuto diossido di potassio superiore alla media dei vetri al natron, ma non ancora abbastanzaalto da indicare l’impiego di cenere di piante come fondente. Il contenuto di ossidodi potassio superiore alla media nel vetro rosso non è un’anomalia per i vetri musivirossi prodotti in quell’epoca; infatti, tali vetri venivano prodotti in condizioni di fusioneriducenti, probabilmente ottenute anche con introduzione di cenere del combustibile(legno), relativamente ricca di potassio, nella miscela fondente [22-24]. Neldiagramma MgO vs. K2O, è indicato anche il campo di composizione dei vetri musividi San Vitale (Ravenna) [19], in cui cadono campioni di Nicopoli (con l’eccezione delsuddetto vetro rosso).Per quanto riguarda il tipo di sabbia quarzifera usata, la relazione fra i contenutidi allumina e ossido di calcio (Figura 6), in accordo con quella dei vetri musivi diSan Vitale, appare confermare che è stato utilizzato un tipo di sabbia come quellapresente alla foce del fiume Belus in Palestina (attuale Isralele, baia di Haifa). Talesabbia conteneva anche frammenti di conchiglie, e quindi carbonato di calcio, indose ottimale per fornire calcio, quale elemento stabilizzante del vetro; perciò, è statausata per la produzione primaria di vetri del periodo romano e vetri della prima epocabizantina (tipo levantine I), in area egiziano-palestinese [20]. Nel diagramma CaO vs.Al2O3, si può notare che i vetri piombici sono leggermente spostati verso sinistra,e verso il basso e questo può derivare dall’abbassamento del contenuto relativo disabbia per l’introduzione nella miscela vetrificabile della componente piombica.In alcune tessere, con i più alti contenuti in piombo, è stata rilevata la presenzadi piccole quantità di ossidi di stagno. Come gia rilevato in precedenti studi relativia tessere musive del VI secolo [19, 25], la presenza di stagno è legata a quelladel piombo, non alla sua intenzionale aggiunta come opacizzante, in quanto pertale funzione veniva usato l’antimonio. L’uso di stagno, invece di antimonio, comeopacizzante in vetri musivi si è ampiamente diffuso dopo il VI secolo.Per quanto riguarda gli elementi coloranti, il rame è stato usato per ottenere vetriverdi piombici. La variabilità nel contenuto di ossido di rame è in relazione all’intensitàdel colore. Questi vetri presentano anche un discreto contenuto di ferro e, in alcuni tracce di antimonio. Nei vetri azzurri e blu, con PbO minore di 0,5%, il colore è dovuto allapresenza di percentuali molto piccole di ossido di cobalto (meno di 0,09% di CoO),che tuttavia ha fortissimo potere colorante; anche in questo caso, l’intensità del coloreaumenta con concentrazione dell’elemento colorante. Il contenuto di ferro influenzail colore dei vetri ocra, rosso e nero, naturalmente assieme ad altri parametri, quali lapresenza concomitante di altri elementi e le condizioni dell’atmosfera di fusione. Piùin dettaglio, il vetro ocra deve il suo colore alla presenza di ferro, piombo (PbO circa9%) e tracce di antimonio, mentre nel vetro nero hanno influenza l’alto contenuto diferro (Fe2O3 circa 5%) e l’assenza di piombo. Per quanto riguarda il colore rosso,come già accennato, esso è stato ottenuto in condizioni di fusione riducenti di unvetro con moderato contenuto di piombo (vicino a 5%), in cui sono disperse particellemolto fini di rame metallico; queste sono le vere responsabili del colore. Il contenutorelativamente alto di ferro, assieme alla probabile aggiunta di cenere del combustibile(legno) durante la fusione, ha contribuito all’ottenimento delle condizioni riducenti[25].A parte un vetro azzurro, nettamente opaco, le altre tessere sono traslucide oppureil colore è talmente intenso da renderle non trasparenti. Lo studio in diffrattometriadi raggi-X ci ha permesso di determinare la presenza di fasi cristalline opacizzantiin parte dei campioni, sviluppatesi in maniera rilevante o solo in tracce in base alcontenuto variabile di ossido di antimonio. In alcuni vetri non piombici (6, 7 e 8) èpresente la fase cristallina antimoniato di calcio, CaSb2O6, particolarmente evidentenel campione azzurro opaco (6), come rilevato tramite osservazioni al SEM (Figura7a) e analisi XRD (Figura 8). In vetri piombici verdi (1, 3 e 4) e ocra (10), contenentipiccole quantità di ossido di antimonio, è stata rilevata tramite XRD la presenza intracce della fase cristallina antimoniato di piombo, Pb2Sb2O7 (Figura 9), che comenoto ha un colore giallo. Tuttavia, mentre nei campioni verdi tale fase cristallina intracce non influisce in modo significativo sul colore dovuto all’elemento coloranterame, nella tessera ocra contribuisce verosimilmente alla particolare sfumatura ditale colore. Per la tessera rossa (11), l’analisi XRD (Figura 10) ha mostrato picchidella fase cristallina Cu, confermando l’interpretazione delle osservazioni al SEM(Figura 7b).Le tessere senza fasi cristalline (o con una loro presenza al di sotto del limite dirivelabilità) sono alcune verdi (2 e 5), quella blu scuro (9) e la nera (12).I risultati delle indagini analitiche sembrano indicare che la tecnologia per laproduzione del vetro colorato risulta del tutto corrispondente a quella dei vetri musiviravennati [19].
Un esame della letteratura ed un sopralluogo sul sito, con visita al locale museoarcheologico, ci hanno permesso di ottenere le informazioni essenziali di caratterestorico-artistico relative ai pavimenti in mosaico della Basilica Alfa o Doumetios diNicopoli d’Epiro, costruita nel VI secolo d.C.
Sono state analizzate tessere vetrose appartenenti a parti degradate e perdutedei mosaici della Basilica, determinando la loro composizione chimica e la eventualepresenza di fasi cristalline.Come tutti i vetri dell’epoca prodotti in area mediterranea si tratta di vetri silicaticosodico-calcici, in parte piombici, ottenuti usando natron (un deposito naturale egizianodi sali, costituito prevalentemente da carbonato sodico) quale fondente (e nonceneri di piante, un fondente alternativo usato in altre aree o in altre epoche), comeevidenziato dall’elevato tenore in sodio e dai bassi contenuti di ossidi di potassio emagnesio. La materia prima silicatica era del tipo presente alla foce del fiume Belus(antica Palestina). La tipologia del vetro corrisponde a quella dei vetri Romani, diproduzione primaria in area egiziano-palestinese, ed è la stessa dei vetri musiviimpiegati nelle basiliche ravennati della stessa epoca; in particolare il confronto èstato effettuato con la composizione delle tessere vetrose ampiamente studiate dellabasilica di San Vitale.Riguardo ai colori, le tessere verdi sono state ottenute con una base piombica erame come elemento colorante principale; in alcuni vetri piombici è presente in traccela fase cristallina antimoniato di piombo di colore giallo, ma non determinante perl’influenza nettamente superiore del rame sulla colorazione. I colori dall’azzurro al bluscuro hanno una base non piombica ed il colore è stato ottenuto con aggiunte moltopiccole di cobalto, in concentrazione crescente con l’intensità della colorazione. Ilvetro azzurro è opaco per la presenza della fase cristallina antimoniato di calcio. Ilcolore ocra è dovuto al ferro come colorante principale assieme a tracce di antimoniatodi piombo che, in questo caso (essendo il rame assente), hanno contribuito al colore.Il vetro rosso, piombico, è stato ottenuto in condizioni riducenti che hanno permessola formazione di particelle di rame metallico. Il colore del vetro nero, non piombico, èda mettere in relazione alla concentrazione particolarmente elevata di ossido di ferro.Anche la tecnologia alla base dell’ottenimento dei vetri colorati è del tutto analogaa quella dei vetri ravennati. Si può, dunque, fare l’ipotesi di una fonte produttivacomune dei vetri musivi impiegati a Nicopoli e a Ravenna nel VI secolo e che talefonte fosse nel Vicino Oriente, forse nella stessa Costantinopoli.